5 Settembre 2023

TARI. CORTE DI CASSAZIONE o. 23137/2023. È SEMPRE DOVUTA LA QUOTA FISSA, ANCHE NELLE AREE DI PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALI

L’esenzione dal pagamento della quota variabile della tariffa è totale, fermo restando, tuttavia, l’obbligo del pagamento della quota fissa.

La controversia ha ad oggetto la TARI per l’anno di imposta 2015 con riguardo all’occupazione di «un’area in parte destinata a magazzini per deposito merci e, per l’altra maggiore porzione, alla produzione di rifiuti da imballaggio, anche terziario, che poi la ricorrente avrebbe smaltito in proprio.»

Nella pronuncia adottata, la Cassazione si pone in linea di continuità con le ultime decisioni (ordinanza 5578/2023), confermando un principio che sta prendendo sempre più consistenza.

In presenza di locali destinati alla produzione di rifiuti speciali non assimilati, per lo smaltimento dei quali il contribuente deve necessariamente provvedere in proprio tramite un operatore qualificato, l’esenzione dal pagamento della quota variabile della tariffa è totale, fermo restando, tuttavia, l’obbligo del pagamento della quota fissa, che non è parametrata alla quantità dei rifiuti gestiti dal servizio pubblico e ai costi di erogazione di tale servizio, ma è destinata per legge alla “copertura” dei costi di investimento ai quali debbono partecipare tutti i possessori di locali all’interno del territorio comunale, in quanto astrattamente idonei ad ospitare attività antropiche inquinanti e, dunque, a costituire un carico per il gestore del servizio. La pertinente disposizione di cui all’art. 1, comma 649, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 esprime sulla questione dirimente «una sostanziale continuità regolativa» rispetto alla disciplina della TARSU, come affermato, in modo espresso, dalla pronuncia della Corte del 7 luglio 2022, n. 21490 e come già ritenuto nelle due pronunce del 23 aprile 2020, n. 8088 e 8089, che hanno esteso «alla T.A.R.I. l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità in tema di T.A.R.S.U. con riguardo all’art. 62, comma 3, del D.Lvo 15 novembre 1993, n. 507.» In siffatti termini, resta allora applicabile il principio elaborato da questa Corte, secondo cui l’esclusione della tassa opera per «la sola parte della superfice in cui (ndr. a regime Tarsu), per struttura e destinazione, si formano esclusivamente rifiuti speciali (Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2015, n. 4793; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2016, nn. 4792 e 4793)» (così Cass., Sez. T. 23 aprile 2020, nn. 8088 e 8089 e, nello stesso senso, Cass., Sez. T., 14 marzo 2022, nn. 8205 e 8022) e ora, in tema di TARI, per la sola «parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali», come stabilito dall’art. 1, comma 649, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;».

Inoltre, «per i produttori di rifiuti speciali non assimilabili agli urbani non si tiene altresì conto della parte dell’area dei magazzini, funzionalmente ed esclusivamente collegata all’esercizio dell’attività produttiva, occupata da materie prime e/o merci, merceologicamente rientranti nella categoria dei rifiuti speciali non assimilabili, la cui lavorazione genera comunque rifiuti speciali non assimilabili, fermo restando l’assoggettamento dei magazzini destinati allo stoccaggio di semilavorati e/o prodotti finiti connessi a lavorazioni produttive di rifiuti assimilati, dei magazzini di attività commerciali, dei magazzini relativi alla OMISSIS dei magazzini di deposito di merci e/o mezzi di terzi» (così, Cass., Sez. T, 28 marzo 2023, nn. 8753 e 8754; Cass., Sez. T, 30 marzo 2023, n. 9032).