5 Settembre 2023

RISCOSSIONE. CORTE DEI CONTI SEZIONE REG. CONTROLLO EMILIA ROMAGNA N.107/2023. IL SERVIZIO DI SUPPORTO ALL’EVASIONE NON È CONSULENZA TRIBUTARIA E NON VA REMUNERATO CON L’AGGIO

La Corte dei conti, nella deliberazione 107/2023 evidenzia il ruolo di primo piano della riscossione delle entrate locali e individua le criticità relative all’affidamento del servizio di recupero evasione, mascherato come consulenza tributaria e caratterizzato dalla remunerazione con aggio del 17%.

Rendere la riscossione più efficiente è un tema di valore pubblico poiché solo la piena effettività delle entrate rende possibile la realizzazione delle politiche pubbliche locali. Risulta, infatti, di immediata evidenza come a minori entrate effettive corrispondano minori servizi sia in termini quantitativi che qualitativi. In molti casi, negli enti con maggiori difficoltà, non può essere nemmeno garantita l’erogazione dei servizi afferenti alle funzioni fondamentali non consentendo nel tempo la continuità amministrativa e costringendo gli amministratori a dichiarare il default (dissesto finanziario) o ad accedere a piani di risanamento forzati nell’ambito dei quali la leva fiscale viene elevata al massimo possibile, pur in assenza di miglioramenti tangibili nell’erogazione dei servizi.

La giurisprudenza della Corte costituzionale ha più volte ribadito come adempiere agli obblighi tributari sia funzionale al finanziamento dei diritti, non perché si tratti di uno scambio fiscale o perché si tratti di un dovere di soggezione, ossia entrate versate contro servizi utili solo a chi ha versato, ma perché si tratta in definitiva di un dovere di solidarietà. Il tema dell’efficienza nella riscossione ha suscitato rinnovato interesse a seguito nell’inserimento nel Pnrr – nell’ambito delle misure correlate alla “Riforma dell’Amministrazione fiscale” (Missione 1, 22 Componente 1 del PNRR, M1C1-121) – anche della “Riduzione del tax gap”.

L’obiettivo prevede che la “propensione all’evasione” si riduca, nel 2024, del 15% rispetto al valore di riferimento del 2019 ed è previsto altresì uno step intermedio (M1C1-116) che assicurerà che la medesima “propensione all’evasione” si riduca, nel 2023, del 5% del valore di riferimento del 2019. È quindi indubbio che la piena realizzazione di tale riforma è considerata un volano per la valorizzazione e diffusione su ampia scala dei principi di equità e progressività e per la tenuta dei conti delle pubbliche amministrazioni.

La Corte rileva che, pur avendo l’incarico ad oggetto elaborazione, bonifica banca dati, incroci banche dati e importazione e affiancamento del personale dell’ufficio tributi del Comune, viene riconosciuta alla società incaricata, in aggiunta al compenso pattuito un aggio del 17% sulle somme a qualsiasi titolo riscosse a seguito di avvisi di accertamento e ruoli coattivi emessi.

Come chiarito dall’ANAC (cfr. delibera n. 514 del 17 giugno 2020) esiste una netta distinzione tra le attività di semplice supporto agli Uffici Comunali e quelle di accertamento e riscossione diretta da parte dei privati e, conseguentemente, esistono due mercati potenzialmente differenti popolati da operatori economici con strutture organizzative e mezzi economico-finanziari non sempre coincidenti, cosicché al fine di consentire il corretto dispiegarsi della concorrenza sarebbe opportuno prevedere, salvo casi particolari e per ragioni motivate, due procedure selettive distinte per l’affidamento di tali diverse attività. Il servizio di accertamento e riscossione delle entrate tributarie degli enti locali può essere affidato in concessione solo se ricorrono le condizioni previste dal legislatore, che sono tutte riconducibili al principio del necessario trasferimento in capo al concessionario del c.d. rischio operativo.

Nel caso di specie, pur essendo il Comune a procedere formalmente alla riscossione e all’emissione dei ruoli coattivi, viene corrisposto alla società appaltatrice un aggio, di importo rilevante, riconosciuto tipicamente a concessionari senza che tuttavia vi sia trasferimento del rischio operativo, ma anzi in aggiunta al compenso già concordato, con potenziale conseguente emersione di profili di responsabilità erariale.

Ne discende dunque che l’appalto, realizzato mediante affidamento diretto, assume valore indeterminato, non essendo possibile quantificare a priori il compenso dovuto alla società appaltatrice e quindi il rispetto dei limiti previsti dalla vigente normativa per l’acquisizione in economia di servizi mediante affidamento diretto e di quelli che consentono di derogare al principio di rotazione di cui all’art. 49, c. 6, d.lgs. 36/2023.